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martedì 3 aprile 2012

Restaurato il castello di Naro

Restaurato il castello di Naro 

E' noto per le gesta della felippa

Il Castello è noto per le gesta di donna Felippa Siccardi che nel Duecento ingaggiando battaglia si oppone alla politica espansionistica del Comune di Cagli. I Siccardi a quel tempo sono un potente clan familiare guelfo cagliese che già nell’ultima decade dell’XI secolo poteva fregiarsi di avere uno dei suoi membri elevato alla dignità vescovile. La vigorosa progenie dei Siccardi nella seconda metà del Trecento esce, però, visibilmente sconfitta dallo scontro armato contro i Montelfeltro e i loro sostenitori ghibellini. Nel 1376, mentre il conte Antonio da Montefeltro stipula un patto con le città di Urbino e Cagli dando così vita allo Stato di Urbino, i Siccardi con i Gabrielli affiancandosi alle forze del Cardinal Legato Roberto di Ginevra tentano invano di opporsi. Il contratto matrimoniale tra la figlia di Cante Gabrielli e Nolfo di Montefeltro conduce all’isolamento dei Siccardi che per volontà del conte Antonio da Montefeltro subiscono la distruzione dei castelli di Venzano e Castiglione dove si erano asserragliati. Una famiglia riottosa quella dei Siccardi che prima si oppone alla politica comunale e poi alla signoria dei Montefeltro. Filippo e Alberto Siccardi avevano sottomesso alla giurisdizione cagliese il Castello di Naro il 1° luglio 1217 così come nel 1219 aveva fatto “Rainaldo da Belmonte della nobil famegli Siccarda” per sé e i suoi fratelli ottenendo però per un anno la “podestaria” di Cagli. Nonostante ciò nel 1227 Felippa Siccardi ingaggia la battaglia contro il Comune che nel castello di Naro vedeva certo un punto focale per il controllo della sottostante vallata. Ma il ricorso reciproco alle armi porta infine, dopo la distruzione di alcuni castelli, al riassorbimento della resistenza di donna Felippa. Tornavano così i castelli di Naro, Frontone, Valveduta, Castiglione Bosso sottoposti alla piena giurisdizione del Comune di Cagli. Inoltre in quell’atto del 3 ottobre 1227 la Siccardi cede in perpetuo alla città i suoi uomini perché diventino cittadini cagliesi. Il Castello di Naro (detto anche “Naio” o “Naie” nei documenti) con quello sottostante di Montellabate, diviene specie nel Trecento il punto di tensione e spesso di aperto scontro tra le armate comunali ed i Brancaleoni di Roccaleonella. Nel XV secolo il castello passa in mano ai Mastini, una famiglia ghibellina prevalentemente di guerrieri, che seppero prestare appropriatamente i loro servigi agli stessi Montefeltro, con i quali Nolfo Mastini vantava peraltro un’affinità, avendo sposato Calepretissa sorella del conte Antonio di Montefeltro. Questo Nolfo, nella seconda metà del Trecento, fu signore dei castelli di Naro e di quello sottostante di Montellabbate, per eredità materna, e poté estendere il suo dominio, per concessione dello stesso conte Antonio, su quello di Cartoceto, dopo averlo debitamente sottratto ai Malatesta. Da un elenco delle famiglie, in base al quale Cagli versava le tasse alla Santa Sede, redatto nel 1312 da Ser Nicola di Martino, su richiesta del Comune che asseriva di aver perso un gran numero di persone a seguito di una pestilenza, figura il Castello di Naro con 44 fumanti (o fuochi) che corrispondono (con il moltiplicatore 4,4,5 indicato da Sergio Anselmi) a circa 198 persone. Nella seconda metà del Cinquecento il castello appartiene invece ai Berardi che non a caso vi fanno realizzare affreschi in parte ispirati a quelli presenti nel loro palazzo di città. All’età di novantacinque anni, il capitano Pandolfo Berardi “già cieco, et decrepito” lascia nel 1603 il “Castello, et Rocca di Naio” al nipote minorenne Giulio Cesare. Questo ramo della famiglia Berardi si estingue con la signora Anna consorte di Ludovico Tenaglia da Fossombrone che nel 1798 vende il castello ai Moscardi di Cagli ai quali subentrano in seguito i Priori e poi i Cresci della stessa città fino al proprietario attuale.

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