I tecnici ? Falliranno.
I
tempi sono cambiati. Se tre o quattro anni fa, il sabato a cena con gli
amici ti azzardavi a parlare di crisi eri accusato di catastrofismo e
di minacciare la loro quiete. Era la reazione di chi, credendo il
proprio reddito al sicuro, chiedeva di essere lasciato in pace. Ora no. E
se la crisi servisse a svegliarci, a obbligarci, come la malattia, a
mutare valori e stili di vita ?
Il Governo dei tecnici fallirà, è
solo un sintomo della malattia, sostituisce i partiti che, figli di
vecchi codici, hanno gettato la spugna, ma è espressione della stessa
cultura quantitativa. I tecnici stanno cercando di aggiustare la forma
senza toccare la sostanza.Il liberalismo ci ha insegnato che esiste una
scala sociale sulla quale l’uomo deve salire combattendo, per ottenere
potere, denaro, successo, prestigio. La
mia generazione l’ha preso sul serio e ha conosciuto “il di più“, che
prima non c’era, fallendo, però, l’obiettivo della felicità. Possiamo
dirlo ? Molti “vincenti” hanno scoperto l’inutilità dello sforzo e la
tristezza dell’illusione. La felicità non è proporzionale a ciò che si
accumula. L’uomo non è qui per salire su quella scala.
Assorbiti
dalla causa, ci siamo spesso scordati il perché delle nostre azioni,
tradito il lavoro equilibrato, il merito e la qualità. Contava il
possesso, la quantità e il consenso. Abbiamo sottomesso la scienza e la
tecnologia all’economia, il nuovo dio, rincorso il potere con la forza e
l’arroganza, creando l’attuale grande squilibrio. Ora siamo in preda
alla confusione e abbiamo paura. E’ il momento della resa dei conti. La
crisi come la malattia, è un grande setaccio, che ci costringerà a
eliminare ciò che abbiamo sbagliato e a salvare quel che di buono
abbiamo costruito.
3 maggio alle ore 17.44
Il Governo dei tecnici fallirà, è solo un sintomo della malattia, sostituisce i partiti che, figli di vecchi codici, hanno gettato la spugna, ma è espressione della stessa cultura quantitativa. I tecnici stanno cercando di aggiustare la forma senza toccare la sostanza.Il liberalismo ci ha insegnato che esiste una scala sociale sulla quale l’uomo deve salire combattendo, per ottenere potere, denaro, successo, prestigio. La mia generazione l’ha preso sul serio e ha conosciuto “il di più“, che prima non c’era, fallendo, però, l’obiettivo della felicità. Possiamo dirlo ? Molti “vincenti” hanno scoperto l’inutilità dello sforzo e la tristezza dell’illusione. La felicità non è proporzionale a ciò che si accumula. L’uomo non è qui per salire su quella scala.
Assorbiti dalla causa, ci siamo spesso scordati il perché delle nostre azioni, tradito il lavoro equilibrato, il merito e la qualità. Contava il possesso, la quantità e il consenso. Abbiamo sottomesso la scienza e la tecnologia all’economia, il nuovo dio, rincorso il potere con la forza e l’arroganza, creando l’attuale grande squilibrio. Ora siamo in preda alla confusione e abbiamo paura. E’ il momento della resa dei conti. La crisi come la malattia, è un grande setaccio, che ci costringerà a eliminare ciò che abbiamo sbagliato e a salvare quel che di buono abbiamo costruito.
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