e a controllo della strada sottostante nei pressi della quale è la chiesa abbaziale di Santa Maria Nuova. Lo scavo archeologico che interessa tutta l’area compresa tra la cerchia muraria ed il nucleo centrale sta facendo riemerge l’articolato abitato fatto di casupole parzialmente ricavate intagliando la parete rocciosa che era perciò parte integrante dei piccoli fabbricati con una logica simile a quella dei Sassi di Matera. La piccola comunità del castello aveva fin dal 1362 ottenuto dal Capitolo Lateranense la concessione di erigere un oratorio in onore dei Santi Pietro, Paolo, Caterina e Lucia con facoltà di realizzare un cimitero ed il campanile.
Lo scavo, dal quale è rimersa una grande quantità di materiali ceramici che si pensa in futuro di esporre, consente ora di comprendere appieno la struttura di tale Castello il cui esterno vagamente a carena di nave si presenta poderoso e ferrigno. La strada, il cui vecchio tracciato è ancora leggibile, conduce all’unico accesso della cerchia muraria, delineando un ingresso vitruviano. Attraversato il portale con arco a sesto acuto si entra nel recinto del castello che mostra un paramento murario in conci di pietra corniola disposti a filari.
I volumi (immediatamente a ridosso dell’ingresso) addossati alla cinta muraria con finestrelle ogivali aperte sulla stessa cinta sono in larga parte invenzioni di qualche decennio fa.
Particolarmente suggestiva è l’ampia struttura a torre semicircolare che si innalza nella parte posteriore dell’edificio e che ruota sino allo sperone di roccia a strapiombo ove si pare una posterla.
L’ingresso all’edificio nobiliare è rimarcato da un portale ogivale posto in cima ad una ripida rampa. In alcune sale voltate del primo piano si rinvengono delle pitture seicentesche tra le quali la Chiamata di Sant’Andrea, copia da Federico Barocci, e rappresentazioni tratte dal seicentesco Palazzo dei Berardi in Cagli.
Il Castello è noto per le gesta di donna Felippa Siccardi che nel 1227 si oppone alla politica espansionistica del Comune di Cagli. È lei infatti che ingaggia battaglia contro le forze comunali, ricordando col suo comportamento, certo inusuale per una donna dell’epoca, una celebre ed anche più fortunata donna che casa Orsini annovera circa due secoli dopo.
I Siccardi sono una potente famiglia guelfa cagliese che già nell’ultima decade dell’XI secolo poteva fregiarsi di avere uno dei suoi membri elevato alla dignità vescovile. La vigorosa progenie dei Siccardi nella seconda metà del Trecento esce, però, visibilmente sconfitta dallo scontro armato contro i Montelfeltro e i loro sostenitori ghibellini. Fa da sfondo alle azioni di Francesco Siccardi il periodo di transizione che precede lo stabile ingresso di Cagli nello Stato di Urbino, e che vede alternarsi alle prese di potere dei Montefeltro, quali conservatori e governatori della città, il ripristino della ormai debole istituzione comunale.
Il Castello di Naro (detto anche “Naio” nei documenti) con quello sottostante di Montellabate, diviene specie nel Trecento il punto di tensione e spesso di aperto scontro tra le armate comunali ed i Brancaleoni di Roccaleonella che nel 1287 avevano concorso alla riconquista ghibellina del governo cittadino in mano ai guelfi: impresa che si era conclusa con l’incendio della città antica.
Nel Trecento il castello passa in mano ai Mastini, una famiglia prevalentemente di guerrieri, che seppero prestare appropriatamente i loro servigi agli stessi Montefeltro, con i quali Nolfo Mastini vantava un’affinità, avendo sposato Calepretissa sorella del conte Antonio di Montefeltro.
Da un elenco delle famiglie, in base al quale Cagli versava le imposte alla Santa Sede redatto nel 1312 da Ser Nicola di Martino, su richiesta del Comune che asseriva di aver perso un gran numero di persone a seguito di una pestilenza, figura il Castello di Naro con 44 fumanti (o fuochi) che corrispondono (con il moltiplicatore 4-4,5) a circa 198 persone.
Nella seconda metà del Cinquecento il castello appartiene invece ai Berardi che non a caso vi fanno realizzare affreschi in parte ispirati a quelli presenti nel loro palazzo di città.
Questo ramo della famiglia Berardi si estingue con la signora Anna consorte di Ludovico Tenaglia da Fossombrone che nel 1798 vende il castello ai Moscardi di Cagli ai quali subentrano in seguito i Priori e poi i Cresci della stessa città fino agli odierni proprietari.
Bibliografia
A. Mazzacchera, Cagli. Comune e castelli in Catria e Nerone. Un itinerario da Scoprire, Pesaro, 1990.
A. Mazzacchera, Il forestiere in Cagli. Palazzi, chiese e pitture di una antica città e terre tra Catria e Nerone, Urbania, 1997.
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