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martedì 15 febbraio 2011

GLI AFFRESCHI INEDITI DEL SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLE STELLE

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GLI AFFRESCHI INEDITI DEL SANTUARIO DI SANTA MARIA DELLE STELLE
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I lavori di restauro attualmente in corso hanno recentemente interessato le superfici interne intonacate attraverso l’azione di descialbatura affidata ad una qualificata azienda di restauro.
Sono così emersi affreschi sconosciuti. Le nicchie ricavate nello spessore delle murature ora interamente leggibili dispiegano cos...ì complesse scene affrescate che si completano con elaborati trompe-l’oeil riproducenti elaborati ornati d’altare.
Nel braccio destro, dietro ad un modesto altare ligneo, è poi emerso un grande affresco cinquecentesco anch’esso completato da un finto ornato e preceduto da un drappo affrescato recante i colori comunali (rosso e giallo).
Altri affreschi sono riemersi sopra la porta della sagrestia come all’interno della stessa (anche se l’apertura posteriore di una finestra ne ha in larga parte stralciato la scena).
Tutto il Santuario è dunque interessato da affreschi quattro-cinquecenteschi ed in parte seicenteschi (a cui si abbinano numerose scritte eseguite spesso a carboncino in differenti tempi) che lo rendono ancor più mirabile.
Perciò accanto all’opera di restauro della struttura ancora in corso con un secondo finanziamento statale (del quale al momento è al vaglio dei competenti organi sovracomunali la variante progettuale) ora si abbina quello di reperire fondi extra bilancio comunale per questi importanti affreschi.
Il Santuario una volta terminato potrà diventare caposaldo della proposta turistico-culturale del territorio in quel perfetto binomio che è arte e natura. La grande casa accanto (che nel Quattrocento ospitava i pellegrini e poi nell’Ottocento destinata ai seminaristi) potrà essere un valido supporto a tale scelta.

Il Santuario di Santa Maria delle Stelle, eretto dal Comune di Cagli nel 1495 attorno alla celletta dove apparve il 22 luglio 1494 “nostra Signora Beatissima V.M.”, ha una pianta a croce greca di precoce derivazione dal modello che nel 1485 Giuliano da Sangallo utilizza a Prato per la chiesa di Santa Maria delle Carceri e che costituisce in tal senso la prima esperienza rinascimentale. Occorre certo segnalare che le Carceri dai primi progetti alla soluzione definitiva erano state occasione per varie sperimentazioni, nel retroterra delle quali stava “il bel San Giovanni”, il fiorentino martyrion. Un retroterra nel quale c’erano il Brunelleschi e Leon Battista Alberti che con i suoi postulati teorici influenzò evidentemente il progetto pratese di Giuliano da Sangallo. Il tema della croce greca è in quegli anni particolarmente vivace poiché è la pianta centrale che Bramante propone agli inizi del Cinquecento per la maggiore chiesa di Roma e della cristianità. Si tratta certo di tutt’altra scala ma è importante tener presente il dibattito che su questa proposta s’incentra. Un dibattito che per la natura stessa dell’oggetto cui si riferisce (la Basilica di San Pietro) implica la summa dei contributi di un’epoca, rappresenta, specie nella scelta tipologica, un disegno universale più che il raggiungimento di un singolo progettista.
Il monumentale Santuario cagliese, seppure privo dell’ampia cupola demolita già nel 1712, ha quali elementi di maggiore pregio la notevole architettura che molto si giova dei candidi paramenti in pietra finemente lavorati che si stagliano cromaticamente contro i prati circostanti nonché la celletta con fregi federiciani e affreschi trecenteschi del Maestro di Monte Martello. Affreschi, questi ultimi, la cui cifra stilistica rafforza il collegamento Cagli-Gubbio-Fabriano con il Maestro di Campodonico di Fabriano e il Palmerucci di Gubbio e ancor di più Mello da Gubbio il cui capolavoro è nella chiesa duecentesca di San Francesco di Cagli.
L’interno del Santuario, con le sue alte volte a botte, presenta una pianta a croce con cupola, della quale ultima resta, per l’appunto, il solo tamburo. Nel braccio sinistro è l’antica “Celletta” o “Maestadella” che in seguito al miracolo del 1494 fu inglobata nel Santuario. Nell’architrave lapideo, a bassorilievo, è un fuoco dal quale dei putti accendono le loro torce per scacciare i draghi recanti degli scudi. Al di sopra due centauri sorreggono una ghirlanda di cardi entro la quale è racchiuso l’emblema araldico dei Montefeltro. La parete di fondo della cappella è dominata dalla Vergine in trono col Bambino nota come Madonna delle Stelle. A questa si affiancano le sante figure al naturale che in altezza giungono ad occupare per l’intero le nicchie ove sono ascritte (tra queste è facile riconoscere: San Biagio, San Pietro, San Michele Arcangelo). Al centro della volta a botte, tra ali di figure oranti, è poi l’immagine del Cristo benedicente. Dell’autore, conosciuto come il Maestro di Monte Martello, afferma il Donnini, la “voce si leva altissima fra quante animarono il movimento proscenico della pitture regionale del Trecento”. L’artista non si ferma al Palmerucci, di cui accenna taluni modelli, ma riesce a spaziare richiamando il linguaggio stilistico divulgato dal Maestro di Campodonico. Sul lato d. della cappella, entro una nicchia, è l’affresco cinquecentesco della Crocifissione.

Attorno al Santuario è una bassa loggia dei mercanti, mentre la grande casa ad uso dei pellegrini (ampliata a metà Ottocento) è oggetto di restauro.


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