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lunedì 28 gennaio 2013

La famiglia Virgili «Giusti tra le Nazioni» (Giornata della memoria inedita da Cagli)

La famiglia Virgili «Giusti tra le Nazioni» (Giornata della memoria inedita da Cagli)
CAGLI – Nella settimana della Shoah, parlare di Secchiano di Cagli, una ridente frazione nella valle del Bosso che divide il Petrano dal Nerone, per chi scrive significa far tornare alla memoria tanti ricordi di gioventù allorquando nella casa dei nonni paterni, nelle giornate d’inverno attorno al camino, si raccontavano storie di un periodo bellico appena passato. Ricordi che ai più piccoli suscitavano curiosità e perché no, tanta paura.
Ma tornando a Secchiano, è bene precisare che è stata in passato una frazione seppur di soli 400 abitanti ma con un’alta percentuale di maestri, diplomati, laureati e tanti religiosi. Suore, frati missionari e due sacerdoti erano divenuti i primi parroci del dopoguerra delle due parrocchie di Cagli. Una piccola comunità dove i valori cristiani, la bontà e l’altruismo sono tramandati da secoli ed ancora ben consolidati nei suoi attuali abitanti. Un altruismo che nel periodo bellico coinvolse l’intera frazione in uno slancio di rischiosa solidarietà nel salvare fuggiaschi ed una famiglia ebrea.
TESTIMONIANZA DI MERCEDES VIRGILI
«Era l’autunno 1944 – racconta Mercedes Virgili – e di fronte alla nostra osteria si fermò una carrozza con Samuele Panichi, un noto partigiano di Pianello. Scese e disse a mio padre Virgilio…. “Sulla carrozza ho con me due persone e una famiglia ebrea, marito, moglie e la figlia….devi nasconderli”. Mio padre Virgilio era un simpatizzante del Ventennio, ma ugualmente molto amico di Samuele, si volevano bene e si stimavano. Subito nascose i tre in soffitta. Provenivano da Rimini perché erano sbarcati da un barcone dopo un lungo e sofferto viaggio dalla Germania dormendo nei fienili, stalle e con tanta fame per evitare la deportazione. Con mia madre Daria, mio fratello Mario e mia sorella Mercedes, ci impegnammo a mantenere il segreto, ad accudirli e a procurare cibo. La loro figlia si chiamava Charlotte stessa mia età, ci giocavo ma lei parlava tedesco e per evitare che venisse scoperta poiché l’osteria dei miei genitori era molto frequentata da coloro che da Pianello dovevano raggiungere Cagli. Così quando la facevo uscire di casa mi ero raccomandata che tenesse sempre il pollice in bocca. Questo per paura che le scappasse qualche parola in tedesco. Intuimmo dei pericoli e mio padre trasferì e nascose la famiglia in un locale della attigua scuola elementare, poi iniziò una rotazione con altre famiglie per evitare sospetti. Il parroco Don Giuseppe Celli, ci aiutò in questo coinvolgendo altri fidati parrocchiani. Con l’intersificarsi dei bombardamenti alleati, i tre rimasero nascosti i una casa più sicura quella della Caterinuccia. In poco tempo gli abitanti del paese con tanto slancio ed altruismo, iniziarono a portare mele, legna, ortaggi e qualsiasi cosa fosse commestibile per aiutarli. Con la liberazione di Roma, io mio padre e un’altra signora, Evelina, di notte li accompagnammo fino a Moria. Era ancora freddo e Charlotte non aveva molti vestiti. Evelina le fece indossare il suo cappotto e con tanti abbracci li salutammo con il dubbio di non poterli più rivedere. Qualche mese più tardi una spiata, fece arrestare mio padre ed a seguito di sofferenze per quel triste episodio, si ammalò. Si spense poco dopo la loro partenza. Rimanemmo poi in contatto e li rividi andando in pellegrinaggio a Roma per l’Anno Santo del 1950. Dopo il 1950, si trasferirono da Roma a Los Angeles e io sono andata a trovarli due volte, la prima da sola poi insieme a mio figlio. Tutti gli ebrei americani nel 1962 furono convocati a New York, dovevano raccontare le loro storie e così un giorno ci contattò il Console Israeliano per consegnare alla nostra famiglia la più alta onorificenza dello Stato d’Israele. Da allora i nomi di mio padre, di mia madre e di noi figli, sono stati incisi allo Yad Vashem di Gerusalemme come Giusti tra le Nazioni. Anche Charlotte è tornata a trovarci per due volte a Secchiano. Nel 1990 arrivò in camper con la famiglia proveniente dalla Germania, fu una grande festa. La scorsa estate è arrivata insieme ad una troupe televisiva di Los Angeles girando nel paese molti filmati e facendo interviste per raccontare questa nostra storia in comune. Un’altra curiosità. In occasione della mia prima visita a casa loro fu ampiamente raccontato, oltre quei momenti di paura vissuti a Secchiano, nel giornale più diffuso nel loro stato, il “Los Angel Times “ anche questo episodio che commosse molti americani. La mamma di Charlotte non avendo nulla e non sapendo come ricambiare gli aiuti della moglie del mugnaio di Secchiano che ogni giorno andava a trovarli con qualche uova, farina ed ortaggi, dopo molte insistenze perché non voleva essere ricompensata, la convinse ad accettare la sua fede d’oro. Alla sua morte la moglie del mugnaio dispose che doveva essere riconsegnata alla mamma di Charlotte e così io la riportai in America».
Queste sono state le piccole e grandi storie di un altruismo non comune e sopratutto perché vissute in un incerto periodo bellico per salvare fuggiaschi, ebrei e con grandi rischi per la propria incolumità e dei propri familiari. Storie di solidarietà di famiglie di una piccola frazione come Secchiano da prendere da esempio e che si trova tra le montagne più alte di un entroterra purtroppo sempre più bistrattato e dimenticato.
MARIO CARNALI

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