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sabato 29 settembre 2012

Morti per la democrazia. Cagli ricorda Celli e gli altri diventati cenere

Morti per la democrazia. Cagli ricorda Celli e gli altri diventati cenere

Una cerimonia, anche quest’anno, ha ricordato quel 22 agosto in cui iniziò la liberazione di Cagli. Quella mattina, Giuseppe Virgili ha pronunciato un discorso nel Salone degli Stemmi: lo riportiamo, di seguito, integralmente, grazie alla collaborazione dell’autore.



Il mattino del 22 agosto di 68 anni fa, una pattuglia di fanti della marina italiana, aggregati agli eserciti delle democrazie alleate, che combatterono in Italia l’ultimo anno di guerra, entrò da Porta Lombarda nella nostra città. Non era solo un’operazione militare: era il segno dell’inizio della nuova democrazia con il riapparire nella nostra terra di nuovi orizzonti di libertà e progresso. Gli anni bui e tragici della dittatura e dell’occupazione nemica erano passati.

Libertà, democrazia, progresso erano gli ideali, che in quel giorno, riprendevano forma nella visione della nostra gente e che ridavano speranza in quel finale di tragedia, di dolore e di morte che ci avevano afflitti per anni.

Libertà, democrazia, progresso sono le note ideali verso le quali andava e va ancora oggi la storia nel suo percorso millenario.

Mete ed ideali, appunto, che costituiscono il filo ininterrotto, mai spezzato, anche se bistrattato, nascosto, sommerso e nel cui tessuto è scolpita indelebile la coscienza umana che ci rende consapevoli della nostra dignità, verso le fondamentali aspirazioni per la libertà e la giustizia.

Dignità, appunto nella consapevolezza di aspirare alla libertà e alla giustizia, che sono vie fondamentali che a partire dal decalogo del Sinai e con il messaggio della croce, continuando nelle affermazioni dell’epoca della ragione nel solco del dialogo sacratico hanno portato alla certezza della civiltà occidentale; civiltà che, in quel mattino del 22 agosto 1944, era riaffermata nella nostra terra.  

L’evento del 22 agosto era un episodio di fatti storici che l’avevano preceduto e determinato; fatti ed eventi della storia d’Italia che è doveroso conoscere e valutare e su cui meditare, perché è attraverso la loro conoscenza, la più accurata possibile, che si può consapevolmente illuminare la coscienza e ribadire, nella certezza, i valori che danno senso alla vita ed alla speranza.  

Questi eventi sono, per la storia d’Italia: formazione dello stato, nazione unitaria, dittatura, riconquista della democrazia, quindi Risorgimento, Fascismo, Resistenza.

Ho trattato in altro scritto questo percorso storico, le loro connessioni e le conseguenze del loro sviluppo.

Oggi, mi limiterò a mettere in evidenza chi nella Resistenza fu figura illuminante per l’apporto ideale della sua personalità, per la consapevolezza della necessità dell’azione conclusa con il sacrificio supremo nel campo di sterminio di Mauthausen; parlo di don Giuseppe Celli, che pure pongo accanto alle altre vittime della ferocia nemica, i cui nomi abbiamo scolpito nei cippi e nelle lapidi.

Ma perché don Giuseppe Celli in particolare, perché egli nella valenza morale di cristiano illuminato, penetrato dei valori del Vangelo, per la sua preparazione culturale, per la schiettezza dei sentimenti, fu portato alla concretezza e al rischio dell’azione, in modo deciso e consapevole.

Chi era effettivamente don Giuseppe Celli, parroco-priore di Secchiano, della diocesi di Cagli-Pergola? Era anche laureato in lettere.

Io l’ho conosciuto giovinetto che con interesse apriva gli occhi al mondo, immerso in quei giorni in disastrosi avvenimenti.

Egli mi parlò, mi fece capire che cosa era la politica: scontro-incontro in cui gli uomini lottano per i loro interessi, portati dal loro istinto di sopravvivenza, ma anche una visione più ampia ed ideale che lo conducono attraverso l’amore, la pietà, la fraternità a una comune e regolata convivenza e a questo lo porta la sua razionalità, facoltà che egli possiede in quanto cosciente del proprio essere e della propria libertà.

La coscienza e libertà sono i caratteri fondamentali della dignità dell’essere umano, di tutti gli esseri umani.

Egli era un uomo semplice e solare nei sentimenti, l’ho sentito singhiozzare mentre all’altare predicava il discorso della montagna destata, quasi disprezzava gli ipocriti e gli insinceri, i calcolatori motivati dal loro egoismo.

Anche il Cristo chiese al Padre di perdonare i rozzi soldati che l’affliggevano in croce: “perché non sanno quello che fanno”; ma inveì alto e fustigò contro i farisei e i mercanti del tempo perché sapevano del male che facevano.

I suoi ideali di amore per il prossimo erano completati dalla conoscenza elaborata e poi partecipata dei problemi della vita sociale e della politica.

La sua convinzione basilare era il valore che egli attribuiva al sistema democratico parlamentare.

Senza il libero parlamento non vi può essere esercizio della democrazia e senza di esso non vi può affermare la libertà e senza libertà non può sussistere la dignità e la spiritualità della persona umana.

Alla luce e nella convinzione di questi principi, mise in atto l’azione politica che si concretizzò nell’avversione verso il Fascismo, ai suoi epigoni e ai suoi alleati. Avversione che si concretizzò nell’aiuto ai militari alleati evasi dai campi di concentramento, al cui recupero, specie per ufficiali e piloti, il comando alleato attribuiva grande importanza.

L’attività del prete non sfuggi ai suoi nemici, i farisei locali che l’avevano sempre avversato; essi informarono direttamentela Gestapoche con un tranello arrestò il prete.

La destinazione fu Mauthausen, dove dopo indicibile sofferenze, il suo corpo fu usato come cavia da parte dei medici delle SS. Spirò il 15 dicembre 1944 e suo corpo fu cremato.

Ma chi erano gli aguzzini di don Giuseppe Celli?

Erano gli antagonisti fanatici dei valori della civiltà umana.

Questa civiltà si era formata nei millenni; aveva avuto la sua luce iniziale nel decalogo del Sinai, che aveva posto l’essere umano di fronte alla sua coscienza per rispecchiarsi nel suo simile e che con il messaggio della croce era stato completato con la legge dell’amore per tutti gli uomini, per tutti i popoli.

Quel messaggio, attraversò i secoli e fu integrato, a volte tra incomprensioni, contrasti ed errori con altri valori fondati sulla razionalità cosciente dell’essere umano.

Vi siete mai chiesti il perché dell’odio feroce e incontenibile che il caporale ex imbianchino teorizzò contro il popolo ebraico e realizzò il più grande crudele sterminio della storia, trasformando la terra di Kant e di Hegel, di Goethe e di Schiller, di Bach e Beethoven nella più micidiale macchina da guerra e di sterminio della storia?

Perché il popolo ebraico aveva scritto “il libro”, si era raccolto ed identificato sempre attraverso i secoli, in quel libro, anche se non aveva più la terra;  aveva perso la terra ma non lo spirito.

E questo l’ex caporale nazista non lo poteva concepire, perché distruggeva dalle fondamenta la sua concezione biologica, solo biologica della bestia che vive e razzola nella terra con l’unico vincolo comune del sangue sopravvivendo solo con la lotta e nella lotta, come gli animali del branco; questi erano gli alleati e gli ideali del Fascismo.

Dal “decalogo” e attraverso il dialogo socratico, il messaggio della croce, l’Umanesimo e l’Illuminismo  scorre il filo rosso che attraversa la storia della civiltà; questo filo ha continuato a scorrere anche nel Risorgimento italiano. La dittatura fascista ha solo potuto nascondere quel filo, ma non spezzarlo perché era troppo forte, esso è riemerso conla Resistenzaper fare scriverela Costituzione.

Dal grumo di cenere di Mauthausen, che fu il corpo di don Giuseppe Celli, è sorto un pilastro che ha portato alto quel filo in un momento tragico e decisivo della storia d’Italia, che unita continua ancora sulla sua strada.


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