del Quattrocento nel Palazzo Pubblico) inserita nella più ampia azione in atto di ampliamento del Museo Archeologico.
I  lavori, concentrati sulla facciata di via Alessandri (l’antico Corso o  anche Via del Corso ossia la via deputata alle corse dei cavalli) hanno  così consentito di recuperare le centine delle tre finestre del primo  piano (peraltro pressoché integre sul fronte delle strombature interne) e  dall’altro di eseguire la stamponatura dei due grandi arconi che un  tempo immettevano in un grande vano a doppia altezza deputato  all’amministrazione della giustizia e probabilmente anche a loggia dei  mercanti.
Il Palazzo del Podestà non solo è stato per secoli la sede  del giudice in Cagli ma ha un significato simbolico elevato poiché  formalmente fu, non a caso, l’unica residenza dei Montefeltro fino al  1476. Questo per un preciso fatto storico antecedente. Infatti, nel  1376, le città di Urbino e di Cagli strinsero su piede di parità un  patto col conte Antonio da Montefeltro per la creazione di uno stato  regionale da ritagliare entro lo Stato della Chiesa. Un secolo dopo tale  accordo il Comune, nel 1476, donava al duca Federico da Montefeltro il  Palazzo Maggiore (sede della magistratura) che sarà unito al  Palazzo  del Podestà (dove si esercitava la giustizia e che era ancora  formalmente la sede dei Montefeltro) e ai locali delle carceri.  Utilizzando tali edifici il duca Federico fece avviare la realizzare per  mano di Francesco di Giorgio Martini il suo Palazzo Ducale in Cagli  (anche se l’intervento non fu mai completato). La grande fabbrica  incompiuta  tornerà, stabilmente dal 1631, ad essere il Palazzo Pubblico  sede del governo.
Nel 2008, a seguito di un proficuo confronto  con la Soprintendenza BAP, la facciata del Palazzo del Podestà  (arretrata rispetto alla facciata del Palazzo Pubblico in quanto  allineata su via Alessandri con la chiesa di Sant’Angelo Maggiore ora di  San Giuseppe) iniziava a tornare ad assumere in larga parte il suo  aspetto duecentesco e soprattutto la monumentalità perduta di facciata  principale. Il materiale della tamponatura degli arconi, peraltro, era  composto anche dei conci che componevano le centine delle tre finestre  del primo piano. La stamponatura, dunque, metteva così a disposizione  anche materiale prezioso per i lavori di restauro che si stavano  conducendo all’interno del Palazzo del Podestà per mano dell’arch. Rita  Cecchini e dell’ing. Fabio Vernerecci.
NEL 2008 SI E’ CONCLUSA LA PRIMA FASE
Con  la ricostruzione delle centine delle tre finestre e con la stamponatura  degli arconi in quello stesso 2008 si chiudeva la prima fase del  recupero della dimensione monumentale della facciata del duecentesco  Palazzo del Podestà lungo Via Alessandri, nell’attesa di reperire  ulteriori finanziamenti al di fuori dei magri bilanci comunali.
In  questa prima fase sono però emersi dalla rimossa cortina muraria di  tamponamento i due possenti arconi in pietra del pianterreno (4,10 m di  altezza e 3,50 m di luce) che hanno un poderoso intradosso della  larghezza di un metro e sono caratterizzati da un allungato peduccio  sagomato posto sulla linea d’imposta dell’arco. Al piano superiore sono  poi stati interamente recuperati i tre archi delle finestre delle sale  del podestà.
Dunque si trattava di uno straordinario recupero anche  perché gli arconi del pianterreno erano pressoché integri in quanto la  posteriore muratura di tamponamento, con la quale erano stati occultati,  non era stata ammorsata sui conci lapidei dell’intradosso di un metro  di larghezza che  colpisce per le notevoli dimensioni e che fa di questi  due archi una sorta di piccolo loggiato. Durante i lavori, peraltro,  sono stati ritrovati anche i cardini delle ante lignee dei  portoni che  immettevano nel locale a doppia altezza utilizzato per amministrare la  giustizia e quasi sicuramente come loggia ad uso dei mercanti. Dalle  smontate tamponature sono emersi, come previsto, molti conci sagomati  che sono stati preziosi per la ricostruzione dei tre archi del piano  superiore riservato al podestà:  all’epoca giudice di primo grado. I  conci dei tre archi sono stati sapientemente ricostruiti da Paolo ed  Ettore Gambioli e montati dal personale specializzato della Erma Srl di  Roma. 
Ora è ben chiaro come era strutturato il Palazzo del Podestà  prima della sua trasformazione ed inclusione in quello che è il Palazzo  Pubblico come è dato di ammirare.
I due arconi del pianterreno  (momentaneamente chiusi con una struttura lignea provvisoria) saranno  muniti, al termine dei lavori che interessano il Museo Archeologico, di  grandi vetrate. Ciò consentirà da un lato di leggere dall’esterno  l’ampio locale sormontato dalle due volte reali a botte in conci di  pietra unite da un ampio arco e dall’altro darà al Museo Archeologico  notevole luminosità durante il giorno e costituirà la vetrina con la  quale questi spazi espositivi potranno dialogare, specie di sera, con la  città. 
Il FINANZIAMENTO NEL 2010 CONSENTE LA RIPRESA DEI LAVORI NEI PRIMI MESI DEL 2011
Con  Decreto n° 13 del 19 febbraio u.s. della Regione Marche è stato infatti  formalizzato il finanziamento europeo POR FESR per il completamento del  Museo Archeologico e della Flaminia di Cagli.
Il progetto  dell’importo complessivo di € 296.115,71 è stato, dunque, interamente  accolto dagli organi preposti al vaglio e pertanto, entro pochi mesi,  riprenderanno i lavori che condurranno all’integrale restauro della  monumentale struttura in cui è posto il Museo Archeologico di Cagli  anche mediante il posizionamento di grandi vetrate sul recuperato fronte  del duecentesco Palazzo del Podestà lungo via Alessandri.
Si  tratta di un  restauro particolarmente significativo che consentirà di  leggere dall’esterno l’architettura dell’ampio locale a doppia altezza  un tempo utilizzato quale aula giudiziaria e probabilmente quale loggia  per i mercanti. Le grandi vetrate inoltre consentiranno da un lato di  inondare di luce diurna gli spazi museali e dall’altro permetteranno al  Museo, specie di sera, di dialogare con la città. Sarà, infatti,  possibile la notte intravedere i reperti archeologici sottolineati con  appositi fasci di luce. In questi anni, attraverso una ponderata serie  di azioni, è stata recuperata la monumentalità di una delle facciate del  Palazzo del Podestà che formalmente fu, non a caso, l’unica residenza  dei Montefeltro fino al 1476. Ora con questo finanziamento si passa  (attraverso il raddoppio della superficie espositiva recuperata nella  sua dimensione monumentale, la creazione di spazi didattici e  l’abbattimento delle barriere architettoniche) alla concretizzazione di  un ulteriore tratto quel percorso culturale e turistico indicato negli  scorsi anni ai cittadini: il sogno a mano a mano si sta trasformando in  realtà.
 
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