La civiltà del fiume
La civiltà del fiume . La civiltà della Vecchia Flaminia. E quel ponte meraviglioso che le intrecciava.
 
Prima che l’abbandono e l’indifferenza politica incrociassero saccheggi e ruberie, esisteva una strada lungo la quale paesi sonnacchiosi e curiosi crescevano con lo stesso ritmo lento e tortuoso. Su quella vecchia strada, sempre ordinata e pulita, sacra nel suo esser la “strada maestra” ( in
 
Prima che l’abbandono e l’indifferenza politica incrociassero saccheggi e ruberie, esisteva una strada lungo la quale paesi sonnacchiosi e curiosi crescevano con lo stesso ritmo lento e tortuoso. Su quella vecchia strada, sempre ordinata e pulita, sacra nel suo esser la “strada maestra” ( in
confronto alle tante 
alternative: strade sterrate, carraie, sentieri, stradelli e 
scorciatoie) generazioni di giovani si sono affacciati ,  trascorrendo 
le  nottate estive a chiacchierare e fumare seduti sui parapetti, e  
bambini hanno osservato rispettosi  il passaggio di auto e corriere, 
ragazze hanno passeggiato la domenica accompagnate dallo  sguardo degli 
anziani seduti davanti alle tante osterie lungo il percorso. Le fermate 
delle poche corriere erano i luoghi dello scambio e dell’informazione, e
 il “viaggiatore”, ancora lontano dall’essere un agente di commercio, 
era in primo luogo vettore di  novità, scandali e storie lontane. E poi 
gli ambulanti vocianti, i bambini in fila indiana verso la scuola 
elementare, e le nevicate, e le tante fontanelle e le poche lampadine la
 notte. La strada maestra, lontanissima e nemica nello spirito da mura e
 fortificazioni: luogo aperto e di scambio, luogo d’incontro. Oggi 
interi tratti sono oggetto di ruberie, di saccheggi, nell’indifferenza 
di chi dovrebbe e di chi potrebbe. Interi manufatti vengono rubati, 
annunciando disastri futuri cui nessuno porrà mano, cunette e parapetti 
abbandonati, la vegetazione che si fa coraggio riversandosi sulle 
carreggiate. E lungo il percorso le tante meravigliose passerelle, prima
 ancora delle deviazioni e dei diverticoli segnalavano la potente 
presenza  di fiumi e torrenti, presenza culturale e affettiva  prima 
ancora che fisica ; vero luogo di passaggi adolescenziali, dei riti 
della gioventù, presenza di gioco e lavoro. Il fiume dove trascorrere le
 interminabili giornate estive, tra argini ombrosi,cicaleccio e 
giunchi,vene d’acqua alle quale dissetarsi.  Il fiume dove abbeverare 
animali e a maggio le greggi da lavare e tosare, il fiume per annaffiare
 orti e coltivazioni discrete, o il fiume da cui cavare qualche palata 
di ghiaia e sabbia. O pietre.  Il fiume dei bagni, degli scherzi e della
 pesca di frodo; o semplicemente il fiume nel quale tirare  sassi.
Regalo queste foto a chi si emoziona ancora passeggiando lungo un argine, a chi trova ancora il tempo di sedersi sopra un muretto, a chi si reca a piedi ad una fontana, a chi guada ancora gorghi e pozze e attraversa ponti e passerelle guardando attorno, cercando qualcosa. A chi si emoziona soffrendo per quelle pietre profanate, vilipese, rubate. E anche a quanti non capiscono, fuggendo velocissimi lungo i propri rassicuranti rettilinei, le parole di quel ponte che queste storie, e queste culture unisce ed intreccia da sempre. Impassibile. Resistendo.
Regalo queste foto a chi si emoziona ancora passeggiando lungo un argine, a chi trova ancora il tempo di sedersi sopra un muretto, a chi si reca a piedi ad una fontana, a chi guada ancora gorghi e pozze e attraversa ponti e passerelle guardando attorno, cercando qualcosa. A chi si emoziona soffrendo per quelle pietre profanate, vilipese, rubate. E anche a quanti non capiscono, fuggendo velocissimi lungo i propri rassicuranti rettilinei, le parole di quel ponte che queste storie, e queste culture unisce ed intreccia da sempre. Impassibile. Resistendo.
Toni Matteacci 




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