"Se questa è chiesa" 
 Poco più di un mese fa, scrissi un articolo molto grave (Fondazione 
Critica Liberale, “Se esiste un Dio lo avete già tradito”, 16/7/2012).
Si
 trattava di denunciare l’ennesimo caso di pedofilia, stavolta nella 
provincia di Pesaro e Urbino (precisamente a Fano), dove un 
conosciutissimo e influente sacerdote, don Giacomo Ruggeri, era stato 
colto in atti osceni in luogo pubblico con una ragazzina di 13 anni. 
Grazie alla perizia e abilità degli investigatori, il pedofilo venne 
ripreso dalle telecamere e incastrato da filmati tanto sconcertanti 
quanto oggettivi. Tanto è vero che il potente sacerdote, ex portavoce 
del Vescovo, responsabile degli Scout e al centro di incarichi 
importanti, è ancora in carcere malgrado la richiesta di scarcerazione 
da parte dell’avvocato difensore. Avvocato per il quale sembrerebbe che 
la Curia abbia speso ben 30 mila euro. Senza contare i soldi che, stando
 ad alcune indiscrezioni di fonte giornalistica, sarebbero stati spesi 
per foraggiare la famiglia (molto povera) della ragazzina, visto che il 
padre della stessa si era molto arrabbiato un anno fa col prete, quando 
venne a sapere delle di lui attenzioni per la figlia, salvo poi giurare 
ai quattro venti la sua innocenza.
Nel mio articolo, perché 
ovviamente non si tratta di colpire il mostro (in questo sono esperti 
gli uomini di Chiesa), volevo più che altro denunciare la prassi 
consolidata, e mai messa in discussione, all’interno della Chiesa: 
quella per cui i regolamenti interni consentono di fatto la protezione 
di queste figure, quando non l’incolumità, gravate alla peggio di una 
condanna a far danni in un’altra parrocchia. Scrivevo che malgrado ci 
fossero state le scuse inequivocabili e durissime di Benedetto XVI per i
 troppi casi di pedofilia nel mondo, eravamo circa a un paio di anni 
addietro (il Papa aveva parlato di una Chiesa “assoggettata al 
peccato”), il regolamento interno alla Chiesa non era stato cambiato per
 nulla. Riservatezza del Vescovo che viene a sapere di un caso di 
pedofilia, nessun obbligo di denuncia alle autorità civili, processo 
interno che culmina, male che vada, nel trasferimento ad altra 
parrocchia (possiamo immaginare con quale dolore e angoscia 
incontenibili per il pedofilo).
Veniva, e viene alle persone di buona
 volontà e di mente lucida il dubbio di un’intenzione di fondo volta 
alla protezione di questi sacerdoti che si macchiano di un delitto fra i
 più orribili.
Per quell’articolo, ripreso da alcuni organi locali 
della Provincia di Pesaro e Urbino, ho ricevuto insulti, persino qualche
 velata minaccia, e una serie lunghissima di reprimende pelose in cui mi
 si rimproverava di non considerare che “c’è una comunità che soffre” 
(mentre invece la ragazzina godeva, evidentemente posseduta da 
Belzebù!). Un autorevole e serio sacerdote, mio amico e con incarichi 
all’interno dell’ecclesia di Pesaro e Urbino, è intervenuto persino sul 
nostro sito, con parole ponderate e lodevoli, chiedendosi con dolore 
“chi poteva immaginare che un sacerdote così amato covasse una tale 
malattia?”.
Già, chi poteva immaginare, se non fosse che poi si è 
appreso dagli organi di informazione che il medesimo sacerdote era 
rimasto invischiato, un anno prima, in un altro caso, con la stessa 
ragazzina. E chissà quanti altri episodi non sono arrivati a conoscenza 
di chi può informare.
Per quanto riguarda le alte sfere della 
gerarchia ecclesiastica, peccherei di ipocrisia, o sarcasmo, se dicessi 
di provare meraviglia. Nessuna meraviglia! Mi sconcerta e addolora 
invece il comportamento della cosiddetta Chiesa di Cristo, quella 
composta da tutti i fedeli, dai tanti uomini e donne “chiamati” (questa 
l’etimologia del termine Chiesa) da una fede comune a farsi promotori e 
portatori della parola di Cristo, del suo messaggio fondato sulla 
centralità della persona e sul rispetto delle sue prerogative.
Come 
fanno questi tanti, troppi fedeli, a non ricordarsi del Cristo, da loro 
ritenuto figlio di Dio, che combatteva i potenti per difendere i più 
deboli, ed oggi insorgono con minacce, insulti e richieste tenaci di 
silenzio su una vicenda che ha visto e vede l’ennesimo caso di un 
potente togato che si approfitta di una creatura debole e immatura?!
Nessun
 frutto dolce può nascere dalla radice amara e malata del dogma, della 
Verità indiscutibile e riservata ai pochi potenti, dell’omertà che 
rifugge ogni critica e ogni tentativo di migliorare un mondo umano 
esposto inevitabilmente all’errore (perché anche la Chiesa è umana, e se
 ne dovrebbe ricordare ogni volta che è così pronta a denunciare i 
peccatori di turno!).
Niente di buono nasce nel mondo umano laddove si bandisce il dialogo aperto e franco!
Se
 fosse stato uno zingaro, o peggio ancora un gay, al posto di questo don
 Ruggeri, la lapidazione morale sarebbe stata certa e unanime, ma 
siccome è di un prete che si tratta, del rappresentante di 
un’istituzione che deve per forza ispirare rispetto e venerazione, 
allora la Chiesa dei fedeli chiamati dalla fede in Cristo si scopre 
votata alla prudenza, al silenzio per carità rispettoso, all’omertà e 
alla violenza nei confronti di chi vuole scoprire il velo di infamia.
A
 cosa penseranno, le persone che sono state così facili all’insulto, 
alla minaccia, alla reprimenda nei confronti di chi ha voluto 
denunciare, a cosa penseranno nelle loro preghiere a Dio che immagino 
sentite e colme di contrizione? Quale servizio penseranno di aver 
rivolto alla Chiesa di Cristo, alla comunità di uomini e donne 
accomunate dalla fede in quel grande messaggio di amore e speranza, dopo
 essersi abbandonati e arresi al silenzio più correo, al predominio del 
forte sul debole, all’offesa dell’istituzione nei confronti della 
persona? Dopo aver covato ed espresso odio e riprovazione verso chi 
voleva denunciare?
Saranno così certi di aver risposto nel modo 
adeguato a quella «chiamata» del proprio Dio? Quel Dio che si è fatto 
uomo, quell’uomo che la Chiesa ancora non riesce a rispettare.
Paolo Ercolani 
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giovedì 30 agosto 2012
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