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Cagli e il Venerdì santo senza luce, aspettando Pasqua
Un silenzio strano. Che parla con immagini e odori: quelle delle candele che illuminano, ma non troppo, la fredda (a volte pure piovosa e ventosa) notte del Venerdì santo. Quelli del balsamo che tocca il Cristo, del legno e delle pietre.
In un giorno, il Venerdì santo, che non vede il sole: si va a casa quando sorge, si prega in chiesa per ore, si esce in processione quando è già buio.
Cagli, da secoli, si prepara così alla Pasqua. Il Venerdì santo inizia il mattino alle 5, prosegue con la liturgia della Croce e le Sette parole, termina con la processione del Cristo morto, accompagnato dalle confraternite: scalzi per penitenza, incappucciati perché la solidarietà non si ostenta.
Giuseppe Aguzzi, priore responsabile della statua del Cristo Morto, è da poco nonno per la seconda volta, ma il primo nipote è già coinvolto nella confraternita, come accade ai figli dei confratelli, che certi odori e atmosfere li respirano da sempre. Difficile pensare di farne a meno per tutti i cagliesi, che in questo periodo tornano nella città di origine e che mal sopportano chi non rispetta quell'ingombrante silenzio di una giornata fatta per pensare e pregare.
"Da secoli i riti del Venerdì santo si ripetono immutati - spiega Aguzzi -. Lo testimoniano drappi, macchina per il trasporto delle statue e la statua stessa del Cristo morto, tutti risalenti ai primi anni del XVI secolo. Dalla chiesa di San Giuseppe, dove ha sede, la confraternita del SS Crocefisso e di San Giuseppe inizia a preparare la Settimana santa, ricoprendo le pareti con teli del XVII secolo tinti con 'succo d'erba' e decorati con fregi e medaglioni al cui centro sono riportate frasi dell'Antico Testamento". La chiesa si veste di blu per fare penitenza: i drappi sono tornati a Cagli sabato, assenti da anni per essere restaurati. Di recente restaurati anche i teli di velluto nero con ricami in filo d'argento che risalgono al 1600 e che ornano il catafalco che accoglierà Cristo.
Sono le 5 del Venerdì santo: è buio quando, nella chiesa di San Giuseppe, la statua di Gesù lascia l'urna sotto l'altare maggiore e viene portata al cospetto di alcuni confratelli, nella sacrestia.
Ha le braccia distese lungo il corpo e le mani girate verso l'alto a mostrare le ferite dei chiodi della crocefissione. Su quelle ferite ci sono batuffoli di cotone imbevuti di balsamo. Ora quel corpo, come fosse stato vivo, è pronto a ricevere il saluto della folla. Compiti delicati, che le stesse mani (o quelle degli eredi) svolgono da decenni.
A quella del Cristo si uniscono le altre statue, in una processione che arriva al duomo: sopra la mensola più alta dell'altare maggiore, i confratelli compongono il Calvario.
Poi, il giro nelle chiese sedi delle confraternite di Artieri, Buona Morte, Buon Consiglio e Misericordia: ognuna espone fuori della porta vessilli e croce.
Sono le 7 quando si torna a casa. Il sole è sorto e si attende che tramonti ancora: il pomeriggio inizia con i canti della Schola Cantorum (la musica é di Antonio Roselli, maestro di cappella fino al 1972).
Al “Gesù morì”, il campanone della Cattedrale dà tre lunghi rintocchi.
Si smonta il Calvario, inizia la processione di ritorno verso San Giuseppe, dove la statua di Cristo si ferma, ruota fino a porsi di fronte alla statua della Madonna addolorata e viene portata nell'interno della chiesa (sulle ferite, come era usanza, trovano posto batuffoli di cotone immersi nel balsamo), mentre la Madonna raggiunge San Bartolomeo, dove si trovano le statue in legno degli apostoli: si compie, così, la narrazione evangelica.
Cristo è morto e i cagliesi vanno a cena, anche se è vigilia: si mangia poco e in fretta, alle 21 inizia la processione.
Le Confraternite arrivano in silenzio e si sistemano: sono quasi 500 i confratelli scalzi e senza identità. La luce è quella delle lanterne, la musica triste e lenta è della banda. Quando il tamburo inizia a battere, i confratelli prendono posto e poi si parte, col grande carro preceduto da un sacerdote.
La gente si accalca negli incroci delle vie e attende che le Confraternite passino e che arrivi il carro con le statue scese dal Calvario, il silenzio é totale, rotto dal suono della banda e dalle voci della preghiera.
Il giro è lungo e il carro difficile da manovrare. Ma la fatica e il dolore non si sentono. Sono parte di quello strano silenzio, che va vissuto con il cuore.
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venerdì 29 marzo 2013
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