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venerdì 24 maggio 2013

Speciale comunità montane

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Speciale comunità montane

Cagli – Gli enti si preparano a tirare le somme. Per arrivare al nuovo aspetto che avranno le comunità montane, destinate a diventare qualcosa di diverso, forse unioni montane dei comuni. “Il 27 dovrebbe partire l'iter in Commissione ed entro giugno dovrebbe terminare la discussione che potrebbe portare all’approvazione di una legge definitiva”, spiega il presidente del Catria e Nerone Massimo Ciabocchi. In una fase di discussione aperta, è lui a fare il punto sulla riforma degli enti montani.
Il nuovo aspetto, lo racconta la proposta (che ha per relatori di maggioranza Traversini e di minoranza Massi) che deve ancora passare in Commissione e “prevede la costituzione dell’unione di comuni adeguandosi alla normativa che obbliga all’associazione di servizi (per i comuni sotto i 3mila abitanti) – spiega Ciabocchi -. Quello che dà un tratto speciale all’unione montana dei comuni, è il fatto che non cambia la gestione delle deleghe che erano di competenza delle comunità montane”, come forestazione, agricoltura o demanio.
L’unione montana dei comuni si distingue dalla semplice unione dei comuni perché gestisce deleghe particolari come, per esempio, la forestazione o la gestione delle aree Sic e Zps.
“Questa fase di discussione l’abbiamo avviata noi Comunità montane, anche se è vero che la Regione voleva sopprimerle (e ha previsto finanziamenti fino a 600mila euro per i comuni che scelgono di fondersi). Ma non avrebbe risolto i problemi perché il personale non si può licenziare a meno che non si decida di parificare il pubblico al privato. E, quindi, il personale sarebbe dovuto passare ai comuni che, però, non avrebbero potuto permettersi di prenderlo in carico anche per colpa dei patti di stabilità”.
I dipendenti, nel progetto, invece, saranno trasferiti all’unione dei comuni mantenendo, quindi, le funzioni proprie della comunità montana e dell’unione (continuando, cioè, a svolgere la gestione dei servizi in maniera associata) che, per tre anni, però, non potrà assumere dipendenti addizionali.
Secondo la proposta, “l’Unione montana si colloca in una logica di continuità istituzionale con le comunità montane per quanto riguarda lo svolgimento delle funzioni di promozione e valorizzazione della montagna e di esercizio associato delle funzioni comunali ma che consenta di realizzare, nello stesso tempo, i principi di ottimizzazione delle risorse finanziarie e umane esistenti”.
Con un risparmio determinato anche dall’assenza di gettoni di presenza: il presidente dell’Unione è un sindaco e il consiglio dovrebbe essere formato da tutti i sindaci, così da garantire una struttura abbastanza snella, visto che l’organo deliberante sarà il consiglio dei sindaci, che sono anche l’assemblea.
La burocrazia è un altro problema. Che i presidenti di comunità montane hanno provato a risolvere facendo convergere il vecchio ente in uno nuovo, senza chiuderne uno per aprirne uno differente. “Perché – spiega Ciabocchi – si dovrebbe chiudere una contabilità e aprirne una ex novo trasferendo anche la proprietà dei beni (la comunità montana del Catria e Nerone ha beni per oltre 4 milioni di euro di valore) con difficoltà degli uffici a ripartire. Così, invece, tutto è meno impegnativo. Anche in termini di risorse”.
Chiudere e basta le comunità montane, insomma, secondo Ciabocchi, avrebbe comportato la necessità di “accentrare tutto ad Ancona, togliendo i servizi dal territorio, magari perdendone buona parte. Così, invece, i cittadini mantengono i servizi, i dipendenti svolgeranno il loro lavoro, la Regione non si appesantirà perché i soldi che ci dà ce li facciamo bastare. Dal 2010 a oggi abbiamo ridotto i costi del 40per cento: si danno servizi con minor personale, ottimizzando e tagliando gli sprechi. Se qualcosa si deve mettere all’indice, sono quelle comunità montane che non sono montane e che non svolgono i servizi in maniera adeguata. Il nostro lavoro, iniziato con Traversini, è buono. Bisogna colpire gli evasori, non chi è virtuoso”.





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